Cioce con le ali

Periodico dell’Associazione Oltre L’Occidente

SIFCULTURA

sistema integrato di servizi culturali, riconosciuto regionalmente, in provincia di Frosinone, che comprende musei, archivi e biblioteche.

OLTRE L'OCCIDENTE

Biblioteca aperta al pubblico nel 2015, trasformata nel 2017 in biblioteca di interesse locale nell’ambito della Organizzazione Bibliotecaria Regionale, nel Sistema SBN – Polo RL1.

Periodico dell’Associazione Oltre L’occidente

Diversità e normalità: concetti che determinano  la rappresentazione del mondo

           Nel mondo globale i fenomeni migratori hanno assunto  una configurazione diversa  rispetto a quelli verificatisi in Europa negli anni della ricostruzione postbellica dal 1945 al 1950, e a quelli  del periodo del decollo economico riferibili al ventennio 1951-1971.

Le migrazioni investono ormai tanti Paesi di tutto il mondo, sia come nazioni di partenza che di arrivo;   in particolare quelle intraeuropee che prima erano dirette prevalentemente verso l’Europa settentrionale coinvolgono ora anche  le nazioni dell’Europa meridionale tra cui l’Italia.

Inoltre è necessario mettere in evidenza che il fenomeno migratorio non è più finalizzato esclusivamente a soddisfare le necessità del mercato del lavoro dei Paesi riceventi; di conseguenza  oltre alla classificazione più evidente e geograficamente più estesa tra migranti comunitari ed extracomunitari,  questi assumono denominazioni diverse quali migranti per lavoro temporaneo o a lungo termine, regolari ed irregolari,  ricongiunti alla famiglia, di prima e di seconda generazione, rifugiati e richiedenti asilo politico.

Un altro elemento evidenziato dai sociologi studiosi delle migrazioni contemporanee è  l’incremento  della dimensione quantitativa del fenomeno con una tendenza alla stabilizzazione nel Paese ricevente, caratteristica quest’ultima che porta come conseguenza l’accentuarsi della presenza degli immigrati di seconda generazione.

Dall’analisi dei dati ISTAT del Censimento permanente della popolazione relativi alla  provincia di Frosinone gli stranieri residenti sono aumentati dal 2003; sono 3.676 al 1° gennaio 2021 e rappresentano l’ 8,3% della popolazione residente.

Sempre al 1° gennaio 2021  la presenza femminile straniera è maggiore soprattutto per la fascia di età 20-24 anni; tuttavia sia gli uomini che le donne registrano una percentuale più alta di presenze per le fasce di età più giovani, precisamente  a partire dalla fascia di età 20-24 fino alla fascia 50-54.

Il problema dell’inclusione dello straniero è ancora irrisolto nella nostra società così come in quelle di tutti gli altri Paesi interessati da forti flussi migratori. Questi ultimi  stentano nel governare il  fenomeno di vasta e difficile portata attraverso l’adozione di  politiche efficaci: in esse  sempre ed inevitabilmente si contrappongono l’esigenza di tutelare da un lato le proprie caratteristiche culturali distintive e dall’altro quella  di favorire l’interculturalismo con la conseguenza, non sempre considerata  positivamente,  di una innovativa e modificativa acculturazione dei membri dello stesso Stato ospitante.     

La convivenza di culture diverse presuppone il riconoscimento delle diversità etniche, linguistiche e la regolamentazione dell’esercizio da parte di tutti, stranieri e non, di diritti fondamentali quali quello all’istruzione, al lavoro e alla professione della  propria fede religiosa.

La scuola che ha come obiettivo l’inclusione di ogni tipologia di diversità al fine di essere “scuola per tutti e per ciascuno” appare pertanto  il luogo  più adeguato a favorire il primo contatto positivo con lo straniero  e ad educare  l’uomo sin dall’infanzia alle competenze inclusive.

Così si esprime l’alunna Elisa Barni, della  classe V B del Liceo delle Scienze Umane di Anagni, svolgendo una sua riflessione scritta sul multiculturalismo e sulla necessità di una educazione interculturale: «L’inclusività risulta molto difficoltosa nella società contemporanea caratterizzata dal multiculturalismo, ossia dalla coesistenza di più realtà culturali nello stesso territorio, che non hanno però interesse al reciproco scambio, ma si limitano ad avere sporadici  confronti solo se strettamente necessari, comunicando sempre nella lingua della cultura dominante. In questo clima di diversità e multiculturalismo  in cui ognuno  usa la propria cultura “ a casa propria e con i suoi connazionali”, anche l’effettiva realizzazione di una educazione che sia uguale e giusta per tutti e   che sia “cosa di tutti” risulta difficile. (………..).

L’educazione interculturale dovrebbe iniziare molto presto, in modo da sfruttare la naturale empatia del bambino oltre che la sua capacità di ignorare la diversità, in quanto ancora non perfettamente “inculturato”, caratteristiche queste che lo conducono a considerare  il diverso come un suo pari.

Purtroppo molto spesso a causa di un’educazione sia familiare che scolastica che non si basano sul reciproco rispetto della persona e della sua identità si sfocia in episodi di intolleranza e di razzismo, evidenti  anche nelle scuole.

Un’educazione interculturale deve quindi essere una necessità concreta e condivisa.  Nel concreto,  nel momento in cui c’è a scuola uno studente appartenente ad una minoranza etnica, ciò che si verifica di  solito è un processo di assimilazione che porta la minoranza a doversi, in qualche modo, adattare alla cultura dominante.  Ciò che dovrebbe avvenire, invece, è l’inclusione dell’individuo la quale consiste nell’accettarlo nel gruppo sociale garantendogli il diritto alla diversità. Lo scopo dell’educazione interculturale  infatti  non è creare una cultura che sia uguale per tutti ma è quello di garantire un  un clima che consenta punti di incontro tra le varie culture.

Sono diverse le strategie che si possono adottare per raggiungere lo stesso obiettivo: una è sicuramente la metodologia dell’ascolto che permette ai bambini provenienti da realtà culturali diverse di raccontare il proprio vissuto,  introducendo così gli altri  che ascoltano all’interno della loro cultura; un altro approccio è quello che favorisce le attività collettive, in modo da stimolare la cooperazione  e l’empatia reciproca. Infine un’altra tecnica interessante è quella che permette ai bambini di confrontarsi sulle loro abitudini  e modi  di vita così  “da poter mettere sul  tavolo comune ” tutte le loro diversità.

Purtroppo non in tutte le realtà scolastiche si raggiunge un’educazione inclusiva e interculturale anche perché non tutti gli insegnanti riescono ad agire con adeguate competenze di mediazione    necessarie per poter creare “una zona neutra” ed agire all’interno di essa favorendo un reciproco passaggio ed una partecipata  condivisione  di atteggiamenti culturali.

Molto spesso però non viene neanche compresa la reale importanza della questione e questo perché siamo abituati a vivere la diversità in modo sbagliato come se essere diverso equivalesse ad essere inferiore o peggiore.

Il problema paradossalmente non sta nella nostra visione della diversità, ma in quella della normalità: come possiamo riconoscere che ciò che ci rende diversi ci rende anche unici e speciali se la società ci insegna che ciò che fanno tutti è “normale” e ciò che “non è normale” è  sbagliato?

Sulla base di cosa possiamo stabilire cosa sia normale per tutti se tutti abbiamo vite, culture, pensieri e abitudini diverse?  Il concetto “di giusto o sbagliato” dovrebbe essere slegato dal concetto di diversità: finché la società baserà ciò che “é giusto o sbagliato fare” su quanto un’azione sia ritenuta normale  e quindi su quante persone condividono quella stessa azione, “normale” sarà sempre sinonimo di “giusto” e  “diverso” ” sarà sempre , inevitabilmente collegato al concetto di “sbagliato”».

                                                                   Annamaria Mariani

                                                                  Barni Elisa V B Liceo Scienze Umane di Anagni